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La Resistenza in convento

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I conventi romani, di cui era garantita la extraterritorialità, ospitarono nel 1943-44 molti leader dell’antifascismo destinati a costituire la classe dirigente del dopoguerra.

Aspre sono state le polemiche in tutto il mondo sul silenzio pubblico di Pio XII a proposito della Shoah.

Ma la Chiesa cattolica ha indubbiamente svolto un ruolo decisivo durante la Seconda guerra mondiale.

In Italia essa ha esercitato una sorta di maternage della popolazione di fronte al crollo delle autorità politiche.

Si è inoltre distinta nel salvataggio di diverse categorie di perseguitati: i soldati sbandati dopo l’8 settembre, gli ex-prigionieri alleati, gli ebrei.

In particolare i palazzi vaticani e i conventi romani divennero luoghi di latitanza per molti leader dell’antifascismo.

Nel Pontificio seminario romano maggiore trovarono rifugio ad esempio diversi membri del CLN: il presidente Ivanoe Bonomi, Meuccio Ruini, Pietro Nenni, Alcide De Gasperi, Marcello Soleri (questi due solo fino a febbraio), Alessandro Casati, Giuseppe Bergamini, Giuseppe saragat (da gennaio, dopo la fuga da Regina Coeli).

Oltre al Seminario, vi erano persone rifugiate anche negli altri edifici dell'area extraterritoriale: il Pontificio Ateneo lateranense, il palazzo dei canonici di San Giovanni, il convento dei penitenzieri della basilica e il convento dei passionisti alla Scala Santa. Complessivamente il numero dei rifugiati nella zona del Laterano ammontava a circa ottocento persone.

Oltre ai leader antifascisti, vi transitarono anche protagonisti della Resistenza come il generale Roberto Bencivenga e il gappista Piero Calamandrei.

C’erano poi i quattro ministri del governo Baoglio che non avevano seguito il re a Brindisi; oltre che alcuni familiari dello stesso maresciallo ( e anche del suo nemico Graziani).

Ma anche renitenti, diplomatici, professionisti, industriali, docenti e studenti universitari (tra i quali molti ebrei, come il filosofo del diritto Giorgio Del Vecchio, il geografo Roberto Almagià, il matematico Federico Enriquez, lo studente Raniero Panzieri; complessivamente furono oltre 50 gli ebrei salvati).

Importante fu il ruolo di mediazione di alcuni prelati: il rettore don Roberto Ronca, ma anche il sostituto Giovan Battista Montini e il cardinale Nicola Canali; e soprattutto don Pietro Barbieri , la cui abitazione in via Cernaia 14, presso i padri Maristi, era divenuta un luogo di accoglienza temporanea e di riunioni clandestine.