Biografia

Giovanni Palatucci

Italia

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Giovanni Palatucci nasce a Montella (AV) il 29 maggio 1909. Nella sua famiglia sono presenti tre figure ecclesiastiche, tra le quali uno zio, Giuseppe Maria, vescovo di Campagna (SA). Si laurea in giurisprudenza presso l’Università di Torino nel 1932, e nel 1936 si arruola come volontario nell’esercito e poi entra nella pubblica sicurezza.

La sua prima destinazione come funzionario di polizia è Genova.

A Fiume, la sua seconda sede, Palatucci riceve l’incarico all’ufficio stranieri, cosa che sarà decisiva per la sua futura attività di questore.

Giovanni Palatucci, che era a capo dell’ufficio stranieri della questura di Fiume, in seguito all’emanazione delle leggi razziali nel 1938, si prodigò per portare aiuto agli ebrei stranieri che chiedevano di poter entrare in Italia attraverso il valico di Fiume. In questo modo riusciva ad impedire la deportazione nei centri di internamento italiani degli ebrei che si trovavano a Fiume, come residenti o in transito. Quando ciò non era possibile, cercava di farli avviare verso il campo di internamento di Campagna (Salerno), che si trovava nella diocesi dello zio vescovo, sapendo che le condizioni di vita degli internati sarebbero state alleviate dalle azioni dello zio, grazie anche all’accoglienza della popolazione locale.  
Dopo l’8 settembre 1943, i tedeschi presero possesso di Fiume, e Palatucci diventa vicequestore, continuando a soccorrere i profughi ebrei, sottraendoli anche alla deportazione nei campi allora esistenti in Italia.

Venuto sempre più in sospetto alle autorità militari tedesche, per ordine del tenente colonnello della Gestapo Herbert Kappler, nella notte fra il 12 e il 13 settembre 1944 fu arrestato con l’accusa di collaborazione con il nemico.

Rinchiuso per circa un mese nel carcere Coroneo di Trieste, venne poi tradotto al KZL (Konzentrationslager) di Dachau, dove giunse il 22 ottobre 1944.
Morì il 10 febbraio 1945 per l’epidemia di tifo che imperversava nel campo dal dicembre precedente e fu sepolto nella fossa comune sulla collinetta di Leitenberg, situata a circa un chilometro dal campo di concentramento.
Qualche anno dopo giunsero i riconoscimenti del suo operato, dapprima da parte ebraica, poi anche da parte italiana. Nel 1990 lo Yad Vashem di Gerusalemme gli riconobbe il titolo di «giusto tra le Nazioni».
Tuttavia, intorno alla figura di Palatucci occorre cautela nel discernere tra apologia e verità. Le numerose testimonianze della sua opera a favore degli ebrei provengono da istituzioni ebraiche, da persone da lui salvate, dalla famiglia e da varie istituzioni. Secondo alcune fonti, egli contribuì a mettere in salvo circa 5000 profughi ebrei. Altre ricerche hanno ridimensionato questi dati rilevando anche come Palatucci non sarebbe stato in alcun modo nella posizione di aiutare così tanti perseguitati.

La contestazione più integrale della ricostruzione della vicenda di Palatucci è stata apportata nel maggio 2013 da una ricerca del Primo Levi Center di New York, i cui esiti hanno avuto un certo risalto sulla stampa internazionale, che ha messo in dubbio non solo le dimensioni del suo intervento, ma il suo contributo effettivo alla causa dei profughi ebrei.